5,250.00

MANOSCRITTO di interesse veronese, dal titolo: “Memoria di Battistella de Verona. Della storia della Gina che fue proebita la nomina con pena de preson et con molta diligentia et patientia cavata per canzone trovata dalli amici et pintori et con altre memorie et facti acciò non fia dementicantia, et delli facti amorosi dillo Sambonefacio de Padoa come de testemonanza et presentia et delli secreti dello Monte de S. Pietro allo Ponte della piera, et delle soe grote et condottti fatti dalli antichi cristiani per fugir lo martirio sotto la vecchia rena, et osservazioni scritte dallo pintore Stefanello da Zevio. Principio MCCCC1 Martio”,

Esaurito

LOC04-548 (ma prima metà del XIX secolo). ,
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codice cartaceo (mm. 210×152) composto da 122 pagine numerate, leg. p. perg. molle settecentesca. Con 7 tavv. acquarellate f.t. e numerose figg. n.t. Testo di estremo interesse per la narrazione di fatti accaduti a Verona tra il XIII e XIV secolo, oltreché di sonetti e versi intitolati a personaggi veronesi, e per il ricco apparato iconografico composto da tavv., anche ripp., tra cui la ricostruzione del teatro romano, il carro allegorico dell’Amore, ritratti di dame e cavalieri in costume, il “Gioco dell’oroscopo fortunoso dello Amore”. Ad un attento studio, il manoscrittto si rivela essere una gustosa falsificazione ottocentesca che pretende di imitare un codice miniato trecentesco e che contiene una cronaca della città di Verona scritta da un certo “Battistella pubblico scrivano”: il boccaccesco racconto è ambientato al tempo delle feste organizzate per le nozze di Antonio della Scala con Samaritana da Polenta (1382) e tratta, tra altri avvenimenti, di un giovane della nobile famiglia Sambonifacio innamorato di Vittorilla e dei pittori Stefano da Zevio e Altichiero. Il nome di Battistella è noto anche per un secondo codice che nel 1935 è stato pubblicato, con traduzione tedesca e ricco apparato critico-filologico, da Jean Paul Richter (Altichiero…, Leipzig, 1935) il quale lo considerò opera autentica del Trecento. Ipotesi subito dopo smentita da G. B. Cervellini, La cronaca su Altichiero recentemente pubblicata è falsa, in “Atti del’Ist. Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”, XCV, 1935-36, p. II, pp. 48-60). Anche il manoscritto finito in mano dello studioso tedesco narra fatti accaduti a Verona nel Trecento: in particolare si sofferma sulla creazione nel 1303 di una gilda di pittori veronesi, a loro volta narratori di una serie di saporiti racconti, oltre che autori dei dipinti da cui sarebbero tratte le miniature del codice, da Richter considerate copie poco più tarde eseguite nella bottega del noto pittore Altichiero. Come dimostra il confronto con l’esempio di scrittura riprodotto da Richter, è evidente che tale falsario è lo stesso che ha inventato buona parte della cronica di Battistella in oggetto, ad eccezione però delle carte da 2 a 8 che appaiono d’altra grafia: in quanto al miniatore, identificato da Cervellini con il pittore Pietro Nanin, certe differenze stilistiche tra le miniature riprodotte da Richter e le nostre, nonché le stesse disomogeneità tra quest’ultime (il foglio con la ricostruzione del teatro romano sembrerebbe oltretutto un disegno più antico) autorizzano a pensare che per tali falsificazioni agissero più mani. Manoscritto importante, oltre che di piacevole e appassionante lettura, perché documenta quel gusto tipicamente ottocentesco di produrre, con grande perizia, veri e propri falsi storici. Per maggiori ragguagli si rimanda allo studio di E. M. Guzzo, “Il Patrimonio artistico veronese dell’Ottocento tra collezionismo e dispersioni”, sta in ’Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona’, vol. CLXXII, 1995-1996, pp. 422-442.